Siamo invisibili… o ci stiamo nascondendo bene?
C’è una frase che ci siamo detti spesso, tra di noi:
“È come se nessuno mi vedesse davvero.”
E da lì partono mille pensieri:
"Non piaccio abbastanza",
"Non ho abbastanza carisma",
"Devo lavorare sulla mia energia maschile",
"Serve più presenza, più intensità, più… qualcosa."
Ma da qualche tempo ci è venuto un dubbio più scomodo.
Una domanda che non consola, ma spacca:
E se non fossimo davvero invisibili… ma solo nascosti?
E se questa “assenza” fosse una strategia?
Un modo perfetto per non essere toccati?
Nascondersi funziona
Pensa a quante volte hai preferito non esserci davvero.
– In mezzo a persone che non ti capivano.
– In situazioni che ti mettevano a disagio.
– In quei momenti dove sarebbe bastato uno sguardo in più per farti crollare.
Sparire è comodo.
Non ti espone.
Non ti fa rischiare.
E soprattutto: non ti fa fallire.
Ci siamo nascosti così bene, per così tanto tempo…
…che ora sembriamo invisibili anche a noi stessi.
Invisibili, ma non dimenticati
Quello che chiamiamo “invisibilità” forse è solo una sovrastruttura di protezione.
Non siamo vuoti.
Non siamo spenti.
Siamo protetti da un silenzio scelto a puntino, costruito nel tempo per sopravvivere.
Ma il problema è che a forza di proteggerci, ci siamo esclusi.
Non solo dagli altri.
Ma dalla possibilità di essere toccati, visti, amati, desiderati.
E a quel punto, non è più una protezione.
È una prigione gentile. Silenziosa. Ma stretta.
E diciamocelo, senza far finta di niente:
Io volevo essere visto.
Eccome se lo volevo.
Volevo che le persone si accorgessero di me.
Che una ragazza mi notasse.
Che qualcuno dicesse: “Tu, sì proprio tu, hai qualcosa.”
Solo che…
poi sono arrivate le paranoie.
I giudizi anticipati.
La voce nella testa che diceva: “Ma chi ti credi di essere?”
E così ho imparato a stare un passo indietro.
A farmi piccolo.
A non disturbare.
Ma il bisogno non è mai andato via.
Ha solo cambiato forma.
È diventato fame muta. Invisibilità apparente.
Il rischio di farsi vedere
Essere visibili non significa mettersi al centro della scena.
Non significa “dominare la stanza”.
Non significa fare i brillanti a tavola o flirtare con dieci ragazze a sera.
Essere visibili, per come lo stiamo riscoprendo noi,
significa avere il coraggio di esserci. Anche male. Anche traballanti.
Significa non cancellarsi più dalle situazioni scomode.
Non abbassare il volume della nostra voce interiore per paura di disturbare.
Significa guardare una persona negli occhi senza protezioni.
Rischiando tutto. Anche il rifiuto.
Noi ci siamo nascosti. Ma ora vogliamo uscire.
Non per “splendere”.
Non per essere ammirati.
Ma per vivere pienamente anche la fatica di esserci.
Se ci vedono poco, è perché ci siamo tolti di mezzo da soli.
E ora vogliamo riprenderci quello spazio.
Non a spallate.
Ma con presenza.
Una presenza che non urla, ma si sente.
Che non recita, ma si mostra.
Che non conquista, ma risuona.