La Donna-Soldato e la Donna-Nullafacente: i due estremi che i media ci hanno servito sul piatto
In questi giorni ci hanno fatto vedere due spettacoli. Due palcoscenici, due messe in scena, due caricature della donna.
Da un lato la Cina, con la sua parata militare, in cui la donna è ridotta a soldato senza volto, un pezzo di metallo in un ingranaggio di acciaio che deve marciare al passo del potere.
Dall’altro lato, l’Europa, con i suoi social e le sue televisioni, dove la donna diventa la nullafacente per eccellenza, quella che non dice niente, non costruisce niente, ma pretende tutto.
Due estremi opposti, ma uguali nella sostanza: la cancellazione dell’individuo.
La Donna-Soldato: disciplina senza identità
La televisione ha inquadrato le file perfette delle donne-soldato cinesi. Tutte uguali, tutte sincronizzate, tutte con lo stesso sorriso inespressivo.
In quell’immagine la donna non è più donna: è uniforme, è arma, è funzione. Non c’è desiderio, non c’è pensiero, non c’è nemmeno respiro proprio.
Marcia perché deve marciare, guarda perché deve guardare, mostra il volto perché deve essere mostrato.
La donna, in questo quadro, non ha più un volto personale: ha il volto dello Stato.
Non dice “io”, ma “noi”. Anzi, nemmeno un “noi” vero, ma il “noi” imposto dall’alto, quello che spegne ogni differenza.
È l’illusione della forza che diventa debolezza. Perché dietro a quella perfezione di passi c’è il vuoto dell’individuo annullato.
La donna, in questa rappresentazione, non ama, non crea, non sceglie: obbedisce. E il suo valore non sta in chi è, ma nel fatto che esegue ordini al millimetro.
La Donna-Nullafacente: privilegio senza parola
Passiamo all’Europa, e lo scenario cambia radicalmente.
Qui non c’è la donna-soldato che marcia. C’è la donna-social che posa. Non disciplina, ma ostentazione. Non passo militare, ma posa da selfie.
La televisione, i giornali, i social ci hanno mostrato la versione più degradante della femminilità: quella che riduce la donna a due cose sole — culo e tette.
Il resto non esiste.
Non una parola intelligente, non una frase che abbia vita, non un’idea che accenda un dialogo. Solo l’esibizione della carne come passaporto per il privilegio.
E quando apre bocca, cosa dice? Sempre la stessa litania: “Io non devo lavorare, io non devo fare fatica. Tu, uomo, devi pagare. Tu devi corteggiare. Tu devi risolvere. Tu devi guidare.”
Un catechismo al contrario, dove l’uomo è chiamato a inginocchiarsi non davanti a Dio ma davanti alla pretesa di una principessa senza regno.
E guai a non rispettare il copione.
Se l’uomo non paga, è subito tacciato di essere “taccagno”.
Se non risolve, è “fallito”.
Se non guida, è “poco uomo”.
Non c’è dialogo, non c’è scambio, non c’è reciprocità. C’è solo l’insulto pronto, la denigrazione facile, il ridicolo usato come arma.
Due estremi, stessa logica
Cina e Europa sembrano lontane mille chilometri e mille anni. Una marcia d’acciaio contro un selfie di silicone. Una disciplina ferrea contro un’apatia ostentata.
Eppure la logica è la stessa: la cancellazione dell’individuo.
- In Cina, la donna non è più persona: è soldato, bandiera, marcia.
- In Europa, la donna non è più persona: è corpo esibito, privilegio preteso, parola assente.
Da un lato l’annullamento nella massa.
Dall’altro l’annullamento nel vuoto.
Due estremi che si toccano, perché entrambi impediscono la stessa cosa: vedere la donna come individuo, con pensiero, voce, desiderio, dignità.
Il ridicolo per l’uomo
E l’uomo, in tutto questo?
Nella parata cinese non esiste nemmeno, se non come soldato accanto alla donna-soldato. Un ingranaggio tra ingranaggi.
Nella parata europea, invece, l’uomo esiste solo come bancomat, come strumento, come servo che deve provvedere.
Se non lo fa, diventa subito oggetto di scherno. Ridicolizzato, umiliato, insultato.
Non per ciò che è, ma per ciò che non dà.
Non per quello che dice, ma per quello che non paga.
In entrambi i casi, il risultato è lo stesso: l’uomo non dialoga, non costruisce, non è riconosciuto. È o ingranaggio o colpevole.
Due spettacoli, nessuna verità
Ecco cosa i media ci hanno offerto: due caricature della donna.
Due spettacoli che cancellano l’essere umano.
Da un lato la donna-soldato che non ha voce. Dall’altro la donna-social che non ha parola.
In mezzo? Nulla.
Nessuno spazio per l’individuo, nessuno spazio per la verità, nessuno spazio per la reciprocità.
La televisione, i giornali, i social hanno preferito mostrare estremi opposti ma ugualmente tossici, lasciando agli spettatori una sola lezione: che la donna è sempre altro da sé. O soldato o principessa. O disciplina o nullafacenza.
Rifletti
Questi giorni ci hanno offerto una finestra crudele sul nostro tempo: da un lato la Cina che mostra la donna come soldato senza volto, dall’altro l’Europa che la mostra come principessa nullafacente.
Due estremi che, pur sembrando lontani, hanno lo stesso esito: l’annullamento dell’individuo e la ridicolizzazione dell’uomo.
Il problema non è la donna, non è l’uomo: è la rappresentazione che i media scelgono di servire.
E noi, spettatori, ci troviamo davanti a due spettacoli grotteschi che hanno un comune denominatore: nessuna verità, nessuna umanità, nessuna parola viva.
«In Cina la donna è soldato senza volto, in Europa principessa nullafacente: due estremi che cancellano l’individuo e ridicolizzano l’uomo.»